giovedì 24 febbraio 2011

PSICOLOGIA DI UNO CHEF (o del perchè tra me e Parini è - al momento - tutto finito)


Non mi piace fare recensioni.
Boh, sarà che nello scrivere di questo o di quel ristorante, mi sento scomoda come se infilassi un paio di jeans stretti acquistati in uno stato di grazia e fighettudine ormai, ahimè, lontani anni luce.
Al di là del chiedermi se ne ho diritto (che mi sembra un buon punto di partenza, comunque) e in quale veste mi accingerei a farlo (gastrofanatica? food- addicted? invasata di cibo?), mi chiedo se sia lecito relegare il giudizio di uno chef ad una sola prova.
Per giudicare il lavoro di qualcuno, bisogna essere presuntuosi e forse creare più di un occasione.
Che poi, anche tu Chef, che decidi di diventare tale, in cuor tuo lo sai che rischi, sai che ti esporrai al giudizio di un pincopallino qualsiasi che in preda all'ansia di esperire, si recherà pieno di aspettative al tuo risto - capezzale.
Decretando o no la tua morte in cuor suo.
(E questo va bene, visto che il pincopallino nel mio caso non è esattamente l'Ego di Ratatouille e che se decido di farti il funerale, tranquillo, ci saremo solo io e te. Magari mi vesto anche da vedova per entrare nel personaggio).
Però, però...qua c'è anche la componente sentimentale di mezzo dalla quale non devo farmi distrarre.
Quando ho visto Pier Giorgio per la prima volta, quel modo di tenere gli occhi bassi mentre raccontava della sua cucina alla intervistatrice di turno, quasi vergognandosi, quasi implorandola nel tono di non farle troppe domande, ecco...in quel momento non ho pensato a null'altro: solo che lo amavo già.
E ho pensato che la maniera migliore per conoscerlo sarebbe stato attraverso la sua cucina.
Novella Cenerentola coadiuvata nell'avventura dalla mia gastro-amichetta topolina in una serata di gelo romagnolo, decido di arrampicarmi su per le colline per raggiungere il castello di quello che sarebbe stato il mio principe.
Torriana è un luogo da fiaba davvero, dove il tempo è scandito dal silenzio e nel cielo si vedono ancora le stelle.
Il Povero Diavolo si nasconde dietro una roccia che sembra piazzata là proprio per nascondere un tesoro.
Prima di entrare riconosco la sua ombra nella finestra della cucina appena accanto la porta d'ingresso e all'improvviso per l'emozione mi sembra di regredire di un ventennio e di catapultarmi dentro la festa di seconda media.
Scelgo il menù a sorpresa dello Chef, perchè so che tu sai e allora...stupiscimi, mi dico.
Mi si precisa a ragione, da un impeccabile servizio che questa scelta comporterà ben 10 portate e che la cena sarà dunque lunga.
Sorrido, pensando che sono qui per restare una vita, figurati se stasera ho problemi di orario...
Per conoscere qualcuno che ti ha fatto battere il cuore, mica serve andar di fretta.
E allora mi si perdonerà, se per l'emozione non citerò tutti i piatti, ma solo quelli che la mia memoria conserva: ho dovuto faticare non poco a imprimermi tante immagini (oltre quelle di Pier Giorgio che ogni tanto appariva e scompariva come si conviene ai migliori maghi).
Il menù riserva qualche sorpresa al pari delle brevi apparizioni sulle scale dello Chef.
Probabile che io abbia applicato troppa psicologia nel valutare l'operato del mio amato.
La cucina di Parini è ricercata come le sono le sue erbe, femminile nella scelta di colori e forme (come nella sua piccola pasticceria), maschile nell'impeto di sapori (per sapere di cosa parlo si provi il suo riso in bianco).
E' una cucina della natura nel senso che dentro ci trovi i sapori della terra, delle piante, degli alberi.
Oltre a quelli nei miei piatti ho però trovato una spiccata nota dolce che mi ha un pò stancato, come ti stancano certi argomenti intrapresi durante il primo appuntamento.
Ho notato una forte presenza materna che confesso, concorrendo io a diventare la sua prossima sposa, mi ha spaventato non poco.
E di questo lui, ad un certo punto, deve essersi accorto: conservo infatti la presunzione (sono o no una che sta scrivendo una recensione?) che abbia voluto stupirmi quando mi ha fatto servire "semplicemente" la mia amatriciana fatta a modo suo.
Io so che quello è stato il suo timido tentativo di conquistarmi.
E per questo credo che dovrò dargli una seconda possibilità.
Stavolta però, scelgo io il mio menù. O magari stavolta lo invito a cena da me e con la scusa, provo pure la scarpetta.


4 commenti:

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